Esimi Ricercatori, oggi il sempre ottimo Domenico "Elmook" Polimeno, mi ha proposto un interessante articolo di Bill Keller, editorialista del New York Times, dall'intrigante titolo di "The Twitter Trap".
I don't mean to be a spoilsport, and I don't think I'm a Luddite. I edit a newspaper that has embraced new media with creative, prizewinning gusto. I get that the Web reaches and engages a vast ...
L'articolo riprende alcune interessanti riflessioni, sviluppate da alcuni pensatori anglosassoni molto critici verso l'attuale assetto della Cultura Digitale (Nicholas Carr, Jaron Lanier, Gary Small and Gigi Vorgan, William Powers), su come i Social Network e il digitale in genere stanno modificando la nostra mente.
L'articolo parte con le paterne preoccupazioni di fronte all'apertura di Facebook ai minori di 14 anni, decretata recentemente da Mark Zuckerberg. La figlia di Keller chiede il permesso di crearsi un account, e nell'arco di mezz'ora accumula 171 amici...
Da questa inquietudine partono una serie di amare riflessioni su come si stia sviluppando la nostra "Mente Cyborg", evidenziando come l'evoluzione tecnologica col tempo ha sostanzialmente limitato piuttosto che amplificato le capacità del nostro cervello.
Parte quindi una lunga e caleidoscopica tirata di Keller che illustra come... l'invenzione della stampa da parte di Gutenberg ha limitato la nostra memoria... l'invenzione della calcolatrice la nostra capacità di calcolo, definitivamente massacrata dai fogli di calcolo excel... il GPS la nostra capacità di orientamento... l'uso delle tastiere la bella calligrafia... Google ucciso definitivamente la memoria a breve e lungo termine... Facebook, Twitter e Youtube definitivamente crocefisso e massacrato la nostra attenzione e la profondità delle nostre capacità espressive... lasciando così tanto, tanto, tanto spazio nel nostro cervello per giocare a Farmville (questa è dell'autore non mia!) e altre amenità da bimbiminkia...
L'autore citando Foer sostiene che la vera storia della prossima metà del ventunesimo secolo sarà di come ci trasformeremo in cyborg e di come la nostra mente stia sempre di più delegando la totalità delle proprie funzioni alla Cloud (le c.d. nuvole computazionali di motori di ricerca e social network).
Insomma l'articolo riprende in modo più forbito molte posizioni "Umaniste" e critiche verso il c.d. Totalitarismo Digitale (cioè quella cultura incarnata soprattutto da Wired secondo cui "Digitale è bello" sempre e comunque) in Italia divulgate soprattutto dal libro "Tu non sei un gadget" di Jaron Lanier e dalla celeberrima puntata di Report "Il prodotto sei tu".
Vi invito a leggere l'articolo perché è davvero interessante e ben scritto, con quel mix di pubblico e privato, che, come sapranno i Ricercatori più affezionati, a me piace tanto. Tuttavia mi posso dire d'accordo con Keller solo parzialmente.
Innanzitutto ritengo come molti autori di giurimetrica che "l'uomo è un animale artificiale". La natura umana è quella di trascendere i propri limiti attraverso la creazione di strumenti che ne amplifichino le capacità...
Come espresso meravigliosamente dal film "2001 Odissea nello Spazio" di Stanley Kubrick il primo atto di intelligenza che compie il primo uomo, dopo aver toccato il Monolito, è costruire un'arma con un osso, che lo renda sovrumano rispetto alle altre scimmie. L'uomo nasce cyborg.
Banalizzando l'uomo crea vestiti per compensare l'assenza di pelliccia, armi per compensare l'assenza di artigli, mezzi per compensare l'assenza di velocità, ecc...
L'unica vera capacità innata al nostro essere è di creare strumenti per compensare il nostro essere nudi e indifesi in questo mondo, siamo cyborg nel midollo.
Non condivido l'impostazione di Keller, perché rimpiange un passato della nostra mente, che era riservato solo alle élite. Le Macchine hanno affrancato dal lavoro bruto vaste parti della popolazione, rendendo accessibile una quantità di contenuti culturali semplicemente enorme a enormi masse prima escluse.
Non rimpiango quasi nulla della vecchia mente.
Se quattro gatti devono avere la possibilità di recitare a memoria Omero, calcolare a mente le radici cubiche e firmarsi con svolazzi, mentre il resto dell'umanità si crogiola nell'ignoranza, non ci trovo davvero nulla di interessante o stimolante. A mio avviso le critiche alla Cultura Digitale sono sacrosante. Ma va evidenziato in modo altrettanto sacrosanto di come il digitale abbia anche espanso le capacità dell'uomo medio.
Io piccolo topolino nelle trappole delle Nuvole Computazionali gestisco tramite SAP e Excel moli di calcolo impressionanti, con Office produco in tempi ultrarapidi documenti che quando ho iniziato a lavorare richiedevano settimane, con mail e Social Network sono in contatto con una quantità enorme di persone che quotidianamente arricchiscono la mia visione del mondo, con internet in tempo reale trovo risposta alle più varie esigenze pratiche e culturali...
Forse non produrremo più un altro Leonardo Da Vinci, o un altro Michelangelo... ma forse i nuovi Leonardo Da Vinci producono start up o fanno hacking... Spesso siamo legati ad un'idea di ciò che è cultura vecchissima. La vera sfida che impongono le nuove tecnologie non è rappresentata da un ritorno a una favoleggiata realtà "unplugged", ma da come arricchire di contenuti i nuovi media, sfruttandone al meglio le potenzialità.
OppureNO.